LUCIANO
Nasco a Roma il 30 novembre 1947.
Lo stesso anno in cui vedono la luce David Bowie, Farrah Fawcett, Paul Auster, Dick Fosbury, Glenn Close, Elton John, Johan Cruijff, Camilla Parker Bowles, Arnold Schwarzenegger, Stefano Benni, Paulo Coelho, James Hunt, Mario Draghi, Stephen King, Hillary Clinton, Gigliola Cinquetti, e muore Henry Ford.
Sembra un anno eccezionale, ma non lo è. Se andate a spulciare il Vostro genetliaco negli almanacchi (ma internet è più veloce), ne trovate altrettanti.
Due avvenimenti.
Nel Maryland diviene pienamente operativo il primo computer, chiamato ENIAC (e questo avrà notevoli conseguenze nella vita di Luciano).
Il successivo 22/12 l’Assemblea Costituente approva la Costituzione della Repubblica Italiana.
I miei genitori sono – erano - persone rare. Infatti si chiamavano Diomira (solo 2300 persone in tutto il nostro paese) e Nestore (1300 individui). La probabilità che tali nomi si sposino è 8 su 10 miliardi. Una notazione: quando il maschio umano ha un rapporto, emette mediamente 400 milioni di spermatozoi. Uno solo può andare a bersaglio. Quindi la probabilità che io nascessi era 1 su 250 milioni di miliardi. Che c .. fortuna! D’altronde OGNUNO di voi è su questo mondo grazie a quello specifico, unico, irripetibile spermatozoo che è arrivato a meta. Insomma, visto che la probabilità di fare un 6 al Superenalotto è 1 su 650 milioni, in realtà ciascuno di Voi, nascendo, ha vinto alla lotteria cosmica.
Torniamo ai suddetti. L’accoppiata funziona a parte il momento in cui le banche adottano i calcolatori. Nel 1975 i due coniugi si presentano per aprire un conto e il terminale si rifiuta di effettuare l’operazione perché l’anagrafe bancaria (che ha in memoria un file con tutti i nomi propri) pensa ci sia un errore. “Diomira e Nestore?” prorompe l’impiegato. “Ma è impossibile. Anche il sistema lo dice!” Insomma l’Istituto è costretto a rivedere il proprio software e, dopo una settimana, finalmente accetta i nuovi clienti.
Il mio primo ricordo risale all’età di 3,5 anni. In piedi sul sagrato della Basilica di Santa Maria Maggiore (dove ero stato battezzato, ma questo non potevo rammentarlo) guardo in alto verso il nonno che mi sembrava un gigante (in effetti era alto appena un metro e sessanta, ma le proporzioni contano!). Stefano era il suo nome e fu lui a instillare al sottoscritto l’amore per la conoscenza. “Vedi questo?” disse un giorno agitando un vocabolario rosa dalla rilegatura improbabile, vecchio di tant’anni. “Qui ci sono tutte le parole. Lo sto leggendo, così quando vai a scuola te le dico tutte.” Ma il povero antenato non fece in tempo: stroncato da un infarto a soli 60 anni, 6 mesi dopo aver pronunciato quell’affermazione.
Nel 1954, per la prima volta, il cuore mi batte per amore. La Marylin Monroe del film “Niagara” mi folgora con la sua avvenenza (solo anni dopo scoprirò che l’attrice aveva l’identica età di Diomira, ma non si trattò di complesso di Edipo).
A 11 anni scopro il gioco e, in particolare, il poker.
Il vero amore lo incontro a 17 anni. Il famoso indimenticabile PRIMO AMORE. Lei è una ragazzina di 15, bella come il sole. E anche se non lo fosse stata, come dice qualcuno: “La bellezza sta negli occhi di chi guarda”.
Quell’estate del ’65 (Beatles, Vietnam, Malcolm X, Martin Luther King, minigonna) - che (poi) si rivelerà l’evento più strano dell’esistenza - fu indimenticabile, indelebilmente scolpita nella memoria
Il tempo, a quell’età, sembra scorrere lento, forse perché sei sempre nella spasmodica attesa di qualche accadimento importante, insomma, vivi nel futuro. Poi ti accorgi che nella maturità consumi il presente e in vecchiaia rimestoli il passato, ma questa è filosofia spicciola.
Passano le elementari, le medie e il Liceo.
L’esame di maturità disegna il mio destino. Allo scritto di matematica (dove ero bravino) mi piazzano in corridoio. E’ un continuo viavai di bidelli, professori - condito di caffè, cappuccini e fumo di sigarette. Perdo la concentrazione e consegno il foglio in bianco. Spunta la mia testardaggine. Vado all’orale e meraviglio il professore, il quale capisce l’accaduto. Mi da’ un bel 10 e promette che, se supero le altre materie, di concedermi la sufficienza.
Vengo promosso e, per tigna, decido di iscrivermi proprio a matematica: una sfida.
Unica difficoltà le tasse d’iscrizione. Sono costretto a guadagnarmele con il poker. Forse quello fu il mio primo mestiere.
L’inizio (correva l’anno 1968) è kafkiano. Alla prima lezione il professore esordisce con: “Se una proprietà è vera per N = 1 e, essendo vera per N-1, è vera anche per N, allora è sempre vera.” Osserva la platea con un sorriso sornione e se ne va.
600 studenti si scambiano sguardi basiti.
Il giorno dopo eravamo in 300 (giovani e forti).
Consumo gli esami con tenacia e passione. Mi laureo in Calcolo delle Probabilità con il massimo dei voti.
Il professore, un mese dopo la tesi, mi chiama e mi offre di fargli da assistente. Nicchio: sono prosciugato mentalmente da 4 anni di onanismi mentali e gli dico che gli darò una risposta dopo l’estate (??!!).
A settembre vengo chiamato dal mio vecchio liceo per insegnare. E commetto il più grande errore della mia vita: MI SCORDO DELL’OFFERTA DI FARE L’ASSISTENTE UNIVERSITARIO.
Dopo 4 mesi di supplenza (ecco dunque la seconda professione), vinco uno stage retribuito in ecologia (terzo mestiere) a Fano, presso una Società del gruppo ENI.
Un mio collega, anche lui di Roma, mi invita a una festa. A quei tempi si ballava a casa. Conobbi così la mia futura moglie che abitava nella ormai tristemente famosa Via Mario Fani, secondo amore della mia vita (la donna, non la via).
Durante l’estate mi contatta un’azienda privata della Capitale e mi offre il doppio di quanto guadagno. Combattuto fra passione per la scienza, amore per la ragazza appena conosciuta e vile denaro, scelgo di rientrare all’ovile.
Inizio la mia quarta attività: l’informatica.
Nel frattempo la passione per il poker svanisce. Infatti una sera del 1974 mi siedo e, alla prima mano, mi viene servita una scala reale. “Ahi”, penso io. Avevo ragione. In tre ore sto sotto di mezzo stipendio. Allo scoccare della mezzanotte, prima che l’auto si trasformi in zucca e io mi ritrovi senza una lira, mi alzo, stacco un assegno che contiene un litro del mio sangue, e – forte del detto “Io non piango per mio figlio che perde, ma per mio figlio che si vuole rifare” – la faccio finita con quel gioco.
“Da adesso mi dedicherò al bridge”, concludo e, ancora adesso, mi diletto ai tavoli dei circoli bridgistici.
Il matrimonio si celebra due anni dopo.
Nel 1978 nasce il primo figlio.
Il bimbo viene battezzato – potremmo dire – a marzo 1978. Eravamo andati a cena dalla suocera e la mia metà sfoggiava una bella pancia piena di nascituro. Usciamo e ci infiliamo nella fedele 500. Voltiamo a destra e una volante della Polizia ci ferma. Alla vista della pancia il poliziotto chiama una collega, la quale inizia a tastare il ventre della mia sposa in cerca di bombe od similia. Eccoli gli anni di piombo!
Nel 1981 nasce la secondogenita.
Nel “mezzo del cmmin di nostra vita” (1982) vengo promosso funzionario.
Ecco, concludo. “E’ finita! Ho realizzato tutto: laurea, matrimonio, figli, carriera. In 10 anni si è decisa la mia vita”.
Invece era solo l’inizio e non lo sapevo.