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2022:

I SOPRAVVISSUTI

un fresco tuffo nelle utopie e distopie

prossime venture

Nel 1972 - 50 anni fa! - Richard Fleischer girò il bellissimo (almeno per chi scrive) 2022: i Sopravvissuti.

Lontani, fortunatamente, da certi scenari apocalittici, eleggiamo il titolo del film a insegna (fil rouge) della prossima stagione di ScrittoMisto: uno, in omaggio all'anno, che all'epoca appariva remotissimo ed oggi è alle porte; due, come formula benaugurante di un post-tantecose; tre, perché il richiamo ci offre lo spunto per guardare a quell'allora futuro / oggi presente, alla ricerca di tic, tendenze, e derive dei tempi che corrono, e di proiezioni su quelli che si annunciano. Pensarci è già un vaccino e un ricostituente.

Per chi potrebbe essere indotto in equivoco, sottolineiamo subito cosa vuol dire che il ciclo è intitolato al 2022: l’ambientazione non è nel futuro (ma non è vietato, in un racconto); non c’è una connotazione fantascientifica (ma non è vietato sceglierla, per il proprio testo); non è un esercizio di immaginazione di scenari catastrofici (ma non è vietato disegnarne).
Questo fil rouge potrebbe intitolarsi (se la formula non fosse già usata) L’aria che tira, o magari I segni dei tempi. Un mosaico corale ma sfaccettato di riflessioni su come il tempo che viviamo può condizionare le nostre scelte, esasperare le nostre reazioni, modificare i valori, generare estremi, suggerire strategie di sopravvivenza interiore, o anche di rilancio.
Alla nostra maniera, questi segnali li faremo diventare racconti, esplorandone tutte le gradazioni; senza moralismi né facili associazioni, divertendoci ma anche suggerendo riflessioni. Come sempre ci sarà posto per il dramma e per la commedia, per lo scherzo, per la meditazione, per la nostalgia, per la fiducia, per la speranza.

E, per mantenere la metafora cinematografica, prenderemo per tracce mensili titoli di film leggendari (titoli, non trame), da reinventare alla luce di quanto detto. Tutti titoli volutamente molto noti ma non peregrini: ciascuno scelto proprio pensando al senso del fil rouge: o per manifesta affinità o, al contrario, perché sembra collocarsi all’estremo opposto della parabola ma in rapporto dialettico con l’altro estremo, o ancora perché la sua evocazione sotto le insegne di quel fil rouge basta a dargli subito un’altra, succosa connotazione.

P.S.: C’è il rischio che la contingenza funesta della pandemia monopolizzi la nostra immaginazione e fagociti l'antologia finale. Il fil rouge non vuole essere questo, d'altro canto l’argomento è già al centro di tante altre degne opere. Va bene che particolari delle cronache presenti affiorino qua e là, magari anche da protagonisti; ma solo a sostegno di un'idea forte, non come pretesto-contenitore: non vogliamo collezionare un catalogo del coronavirus, i tempi sono ricchi di tanti altri spunti, e far emergere quelli sarà originale, stimolante e piacevole.

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